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IVAN LENDL
Nato
a Ostrava, in Cecoslovacchia, nel 1960, Ivan Lendl è il massimo
esempio di come con perseveranza, volontà e spirito di sacrificio
- caratteristiche unite ad un talento tennistico di rilievo - si
possano ottenere ottimi risultati. Il campione ceko costruito pezzo
per pezzo si trasformò con grande forza di volontà, allenamenti
massacranti, diete all'avanguardia e persino terapie psicologiche
per migliorare la tenuta mentale, in un grande atleta, un grande
combattente, un giocatore fortissimo, quasi completo e quasi imbattibile,
riuscendo a dettar legge in buona parte degli anni Ottanta.
Ivan, ribattezzato il terribile, divenne professionista nel 1978,
anno che terminò piazzandosi al 74° posto della classifica, ma l'anno
dopo era già fra i primi venti giocatori del mondo; poi il balzo
verso le zone altissime: 6° nell'80, 2° nell'81, 3° nell'82, 2°
nell'83, 3° nell'84 (era l'era McEnroe) e poi, dopo l'incredibile
rimonta in finale al Roland Garros su McEnroe nel 1984, 1° ininterrottamente
dall'85 all'87. Negli anni successivi è sempre stato in vetta alla
classifica mondiale, piazzandosi ottavo a quella conclusiva del
1992.
Ha vinto 8 prove dello Slam (2 volte in Australia, nell'89 e nel
'90; tre a Parigi, nell'84, nell'86 e nell' '87; e tre a Flushing
Meadows, nell'85, nell'86 e nell'87), ma non è mai riuscito ad alzare
il trofeo di Wimbledon. Ha vinto poi i Master ('81-'82-'85-'86-'87)
e collezionato in carriera tante vittorie in giro per il mondo,
per un totale di 94 titoli.
Il tennista ceko, che ha acquisito in seguito cittadinanza americana,
è ancora oggi il detentore del record di permanenza in vetta alle
classifiche mondiali, ben 270 settimane, di cui 157 consecutive.
Straordinaria fu anche la sua serie di otto finali consecutive giocate
agli Us Open dal 1982 al 1989.
Ivan Lendl fu uno dei più grandi "stakanovisti" della racchetta.
Sono la meticolosità e la scrupolosità con cui affrontava la preparazione,
tecnica e mentale, ad aver contraddistinto la sua vita. Il suo continuo
desiderio di progredire, infatti, non si è mai fermato solo agli
aspetti fisici e tecnici, ma anche e soprattutto a quelli mentali.
Proverbiale la metodica d'allenamento di Lendl. Aveva l'abitudine
di cambiare racchetta ad ogni cambio palle, dopo i primi nove games
e poi ogni sette, per avere un attrezzo con la tensione delle corde
sempre ottimale. Ma non solo per questo gli incordatori ufficiali
dei tornei non hanno mai visto le sue racchette; Lendl, infatti,
si fidava soltanto di un certo Boswort, a detta di molti il più
grande incordatore d'America, che gli spediva gli attrezzi in tutto
il mondo per posta aerea. Sempre attento ai ritrovati della tecnica,
Ivan è stato il primo ad adottare i polsini tergi-sudore su misura,
molto più lunghi del normale; il primo ad ordinare il tipo di segatura,
il primo ad utilizzare fino all'ultimo secondo la pausa tra un punto
e l'altro, il primo a studiare personalmente la maggiorazione dell'ovale
della sua racchetta. E sul finire della carriera, giocava con un
singolare cappellino proteggi-sole, tipo legionario.
Nato tennisticamente sulla terra battuta, ha però saputo adattare
il suo gioco anche ai terreni veloci, ad eccezione dell'erba. Il
suo più grande cruccio, infatti, è stato quello di non aver mai
vinto Wimbledon, benchè ci sia andato molto vicino, arrivando ben
cinque volte in semifinale e per 2 volte in finale: la prima nell'83,
quando perse contro Becker, che sull'erba inglese era di casa; la
seconda, due anni dopo, contro l'australiano Pat Cash, che probabilmente
in quell'occasione giocò il miglior match della sua carriera. Nel
'91 Lendl provò persino a sacrificare la stagione sulla terra battuta,
rinunciando anche al Roland Garros, per prepararsi a Wimbledon,
ma invano.
Fra le sue armi migliori, un diritto devastante, unico regalo di
madre natura, che giocava in maniera anomala, da sinistra verso
destra, cercando il rovescio dell'avversario. E poi il passante
lungolinea tirato in corsa, con cui Ivan ha spesso risolto tante
situazioni delicate: erano delle palle che sembravano finire mezzo
metro in corridoio ma che invece, per lo spin esasperato che avevano,
descrivevano una traiettoria arcuata fino a rientrare entro le righe
del campo di gioco. Ottimo anche nel servizio e nel rovescio, aveva
i suoi punti deboli nel gioco di volo e, inizialmente, nella condizione
atletica, che divenne però invidiabile nel corso degli anni.
Ora, con la stessa abnegazione e costanza dimostrata sui campi da
tennis di tutto il mondo, sta tentando di sfondare nel golf ma,
nonostante gli sforzi, è ancora ricordato come un ex numero uno
di tennis.
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ADRIANO PANATTA
Figlio
del custode del "Circolo Tennis Parioli" di Roma, Adriano si mise
in luce per la prima volta nel 1970, quando ai campionati nazionali
assoluti battè l'allora indiscusso numero uno d'Italia Nicola Pietrangeli,
il migliore tennista italiano di tutti i tempi, in un'entusiasmante
partita che rappresentò una sorta di passaggio di consegne ai vertici
del nostro tennis.
Giocatore di grandissima classe e immenso talento, Panatta fu amatissimo
dal pubblico italiano per il grande spettacolo che era in grado
di offrire nei suoi match. Il campione italiano non era però supportato
da una condizione atletica all'altezza e per la verità non fece
quasi niente durante tutta la sua carriera per migliorarsi in questo
senso. Per questo molti ritengono che Panatta avrebbe potuto vincere
molto di più, se solo avesse avuto un atteggiamento più professionale.
Nel '76, il suo anno migliore, raggiunse i primi posti della classifica
mondiale grazie ad ottimi risultati, tra cui le vittorie di Roma
e del Roland Garros, e la conquista della Coppa Davis a Santiago
del Cile.
Era temuto non poco dai regolaristi, in quanto aveva le armi giuste
per contrastarli; era infatti un ottimo giocatore di attacco, con
un servizio assai potente, ed aveva anche un'efficacissima smorzata.
Adriano vanta anche un singolare primato: è stato l'unico giocatore
capace di battere Bjorn Borg al Roland Garros. Lo svedese, infatti,
partecipò ad otto edizioni del torneo, aggiudicandosene sei, ma
nel '73 e nel '76 si imbattè in Adriano Panatta che lo sconfisse.
Da ricordare anche la finale degli internazionali d'Italia del 1978,
quando si dovette arrendere in 5 set sempre ad un Borg al massimo
della sua condizione.
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YANNICK NOAH
Originario
del Camerun, Yannick Noah, classe 1960, venne scoperto da Artur
Ashe in missione in Africa assieme all'olandese Tom Okker per conto
della Federazione Internazionale. Così, nel 1971 il giovane camerunense
si trasferì a Nizza, dove, grazie al suo "talent-scout" comincò
a frequentare la Nice Lawn Tennis Club. E dopo una brillante carriera
giovanile nel 1983 vinse il Roland Garros, a 37 anni di distanza
dall'ultimo "moschettiere" francese Marcel Bernard.
Era un giocatore dotato di un fisico eccezionale, dalla straordinaria
reattività e dalla lunghissima "apertura alare". Fece del gioco
d'attacco il suo punto di forza, deliziando le platee con le volée
spettacolari e i balzi felini.
Riuscì a raggiungere i suoi migliori risultati sulla terra battuta
dove, oltre Parigi, vinse anche Roma nel 1985, e riuscì a rimanere
per lungo tempo tra i primi dieci della classifica mondiale, terzo
nell'86. In Coppa Davis ha esordito nel 1978 a Parigi contro la
Gran Bretagna, con un bilancio totale di 22 presenze, 39 vittorie
e 22 sconfitte. È stato anche capitano della squadra francese
di Coppa Davis.
Noah era sicuramente un grande trascinatore di folle, un personaggio
dal grande carisma e dal temperamento istrionico. Fu uno di quei
pochi giocatori capaci di ottenere un seguito ed una fama di gran
lunga superiore all'importanza dei suoi risultati sportivi: 23 tornei
in singolare e 16 di doppio.
Ora, come tanti altri tennisti del passato, si diverte partecipando
al circuito del Senior Tour: nel 1997 ha anche vinto la tappa italiana
di Pesaro.
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HENRY LECONTE
"Riton",
come veniva chiamato nel circuito Henry Leconte, è stato uno dei
giocatori dotati di maggior talento. Geniale e istintivo come moltissimi
mancini, aveva un gioco vario, a tutto campo, ricco di accellerazioni
improvvise, di invenzioni spettacolari, di colpi giocati con qualsiasi
tipo di rotazione. Ma la scarsa capacità di concentrazione e la
discontinuità di rendimento furono per lui un grande limite, che
gli impedirono probabilmente di entrare tra i grandi della storia
del tennis.
Nato a Lilliers, in Francia, nel 1963, Leconte ottenne il suo migliore
risultato nell'edizione 1988 del Roland Garros, occasione in cui
sconfisse in semifinale l'amico-nemico Yannick Noah, per poi arrendersi
in finale al miglior Wilander. In carriera ha vinto 9 tornei di
singolare e dieci di doppio. Il primo successo lo ha ottenuto a
Stoccolma nel 1982. Ha preso parte a ben 43 tornei del Grande Slam
(14 Open di Francia, 13 Wimbledon, 9 Us Open e 7 Australian Open)
con un bilancio di 78 partite vinte e 43 perse. Da segnalare, inoltre,
l'exploit compiuto sul finire della carriera nella finale di Coppa
Davis del 1996, quando sorprendentemente sconfisse Pete Sampras
e permise alla Francia di conquistare quell'insalatiera attesa sin
dai tempi dei "quattro moschettieri".
Attualmente Leconte patrecipa al Senior Tour e risiede a Saintes
Maries de la Mer con la seconda moglie, Marie Sara Bourseiller,
sposata nel 1995 dopo la rottura del primo, contestatissimo matrimonio
con Brigitte, più grande di lui.
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MATS
WILANDER
Non
ha mai amato i paragoni con il grande connazionale. "Non sono nè
il secondo Borg, sono mats Wilander e basta!", ripeteva lo svedese.
Ma in effetti il primo giocatore "stile Borg" tra i tanti che la
scuola svedese produsse dopo il ritiro di Borg durante tutti gli
anni 80.
nato a Vaxio, in Svezia, nel 1964, terzogenito di una famiglia di
agricoltura, Mats impara il tennis dai fratelli maggiori. All'inizio,
come tutti i ragazzini svedesi, pratica diversi sport, hockey si
ghiaccio, ping pong... È a undici anni che Mats decide di
dedicarsi completamente al tennis.
A livello giovanile vince, fra l'altro, gli europei under 18 a Serramazzoni,
nel 1981, a soli 17 anni. passato al professionismo quello stesso
anno, Wilander ottiene il suo primo successo nel circuito addirittura
in un torneo del Grande Slam, conquistando Parigi nel 1982, all'età
record di 17 anni e 9 mesi, vincendo in finale su Guillermo Vilas.
capace di vincere, oltre che sulla terra rossa, anche sull'erba
australiana (ma non su quella inglese, visto che a Wimbledon non
ha mai superato i quarti di finale), Mats Wilander realizzò il capolavoro
della sua carriera tennistica nel 1988, sul cemento di Flushing
Meadows: fu il suo anno migliore, perché ad eccezione di Wimbledon
si aggiudicò tutti i tornei del Grande Slam, e si arrampico' a fine
stagione sul primo gradino della classifica mondiale. Nella finale
dell'Open americano riuscì a sconfiggere l'allora numero uno del
mondo, Ivan Lendl, e a scalzarlo dal vertice della classifica atp.
Tuttavia la leadership di Wilander durò soltanto 16 settimane. Per
sette anni consecutivi, dall'82 all'88, concluse la stagione fra
i top ten. Per lo svedese l'aver raggiunto quel traguardo così lungamente
agognato ebbe un effetto "rilassante": dopo l'impresa americana
venne la vitoria al torneo di Palermo e poi più nulla; nel giro
di un anno e mezzo precipitò al 70° posto in classifica, fino a
scopmarirvi, nel 1992.
In totale, partecipò a 44 tornei del Grande Slam, vincendone 7 (3
Australian Open, 3 French Open e 1 Us Open); a Wimbledon vinse solo
in doppio, nel 1986, in coppia con il connazionale Joakim Nystrom.
In Coppa Davis esordì nel 1981, giocando in totale 27 incontri e
disputando 6 finali; di queste ne vinse tre, nel 1984-1985-1987.
Forte di diritto, fortissimo di rovescio, Wilander era imperforabile
da fondocampo. In particolare, il diritto in top e il rovescio bimane
alternato al back a una mano davano solidità e aggressività al gioco
di mats che, a questi fondamentali, aggiungeva un'incredibile velocità
negli spostamenti, che gli permetteva una continua pressione dell'avversario.
Sposayto con Sonia, splendida modella newyorkese, vive a Greenwich,
nel Connecticat, a pochi metri dalla villa di Ivan Lendl, con i
tre figli. Ora partecipa al Senior Tour, gioca a golf e si dedica
al suo hobby preferito, comporre musica e suonare la chitarra.
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